Assistenza domiciliare integrata

Ultima modifica 5 dicembre 2018

Assistenza domiciliare integrata (ADI)
Deve dare al malato, dopo le dimissioni dall'ospedale, controlli, terapie specialistiche, riabilitazione di cui può aver bisogno, a carico dell'ASL.

Chi la può richiedere
È il medico di base che, dopo aver valutato la situazione, chiede il 'ricovero in ADI' alla USL. La famiglia di un ammalato cronico costretto a letto può anche richiedere direttamente l'assistenza al Servizio Cure Domiciliari della ASL, che coinvolgerà comunque il medico di base, perché è a lui che spetta il compito di coordinare i diversi operatori.

A chi spetta decidere
Dal momento che il medico richiede alla USL l'assistenza domiciliare integrata per un suo paziente, questa deve essere attivata entro quarantotto ore.

Se non c'è l'ADI
Se la USL non ha l'ADI, si ricorre all'Assistenza (AD), che garantisce la visita gratuita del medico a casa una volta alla settimana. Per i prelievi del sangue a domicilio ci si rivolgerà a un laboratorio convenzionato e la spesa sarà poi rimborsata dall'Azienda Sanitaria Locale. Per avere l'infermiera e un aiuto per le necessità quotidiane dell'ammalato ci si può rivolgere a una delle molte associazioni di volontariato.

Chi può chiederla
In alcune Aziende Sanitarie Locali (ASL, l'assistenza viene concessa gratuitamente, in altre invece è a pagamento, in base al reddito della famiglia dell'assistito. Ecco le condizioni per poter chiedere l'assistenza domiciliare integrata.

  • Quando le condizioni dell'ammalato richiedono l'intervento di operatori sanitari diversi (un infermiere, un fisioterapista, uno specialista).
  • Quando il paziente non è in grado di raggiungere l'ambulatorio o le strutture dove può ricevere quell'assistenza.
  • Quando il medico di base certifica la necessità di avviare lo specifico tipo di assistenza.
  • I casi in cui viene concessa
  • Ecco in quali casi la ASL avvia il 'ricovero domiciliare':
  • Per la guarigione della frattura del femore in un anziano.
  • Per malattie acute temporaneamente invalidanti (per esempio, una polmonite in una persona anziana o debilitata).
  • In occasione di una malattia cerebrovascolare in fase acuta (dopo ictus).
  • Per curare persone con psicosi gravi.
  • Per la riabilitazione dei pazienti sofferenti di malattie vascolari gravi.
  • Nei casi di ammalati di tumore in fase terminale.
  • In seguito a dimissioni 'protette', cioè quando l'ammalato viene dimesso perché non trarrebbe alcun vantaggio dal restare in ospedale, ma non può nemmeno essere mandato a casa, senza la necessaria assistenza.